Saffo

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  1. schmit
     
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    Saffo
    ....

    " Credimi vorrei morire",

    lei mi piangeva lasciandoci .

    Pure questo mi disse :

    " Crudele un tale patire ,

    Saffo , malvolentieri ti abbandono".

    Ed io così risposi :

    " Parti lieta e ricordati di me ,

    sai quanto ci amavamo .

    Se non altrimenti , sarò disposta io

    a ricordare ......

    ..... il nostro passato .

    Le lunghe trecce di fiori

    attorno al delicato collo

    .....

    e quell' olio odoroso ,

    prezioso , che ti cospargevi

    sulla pelle .... unguento reale

    e quando sul morbido letto

    delicata ....

    acquietavi il desiderio ..."





    Mi si rivela pari agli dèi

    costui , che di fronte a te

    siede vicino e la dolce tua voce

    ascolta ,

    e lieto il sorriso , a me veramente

    il cuore mi squassa il petto ,

    lo sguardo di un attimo

    m ' allenta la voce ,

    e la lingua si spezza , sottile

    ma immediato un fuoco scorre nelle membra ,

    non più vista agli occhi , sibilano

    le orecchie ,

    su di me scorre sudore , un tremito

    mi possiede , e di un pallore verdastro

    sono , la morte poco manca

    che mi appaia ....

    Ma bisogna che tutto sopporti ......

    Nel mio dolore che stilla

    goccia a goccia

    chi mi rimprovera

    i venti e gli affanni possano trascinarselo .

    Edited by schmit - 18/8/2005, 11:44
     
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  2. schmit
     
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    In Sicilia tra il 607e il 590 ac.
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    La divina Saffo, l’hagné, considerata la più grande poetessa di tutti i tempi, nacque ad Ereso, nell’isola di Lesbo, da una nobile famiglia, ma la sua vita si svolse a Mitilene dalla quale, ai tempi della caduta dei Cleanattidi, a causa delle lotte politiche, fu esiliata per qualche tempo, e di ciò resta testimonianza nel "marmo pario", un’iscrizione che attesta la sua presenza in Sicilia tra il 607 e il 590 a. C., perché, a parte un frammento superstite in cui ne accenna genericamente, …te Cipro e Pafo, oppure Palermo, non ne fa menzione. Rimpatriò poi durante il regno di Pittaco, per il quale non nutriva simpatìa, considerandolo promotore delle restrizioni che mortificavano l’amore per il lusso della classe aristocratica, come prova un’ode nella quale si rivolge alla figlia (bella, dall’aspetto simile ai fiori dorati) inducendola a rinunciare alla mitra variegata che la fanciulla desidera per le sue chiome perché Pittaco si scandalizzerebbe, chiamando a testimone il poeta Alceo, con quale vi fu un vincolo di solidarietà e simpatia, e che di lei in modo lusinghiero scrisse: Saffo, veneranda, dal soave sorriso, dal crine di viola.
    Ben poco sappiamo di Saffo, che ebbe un marito e una figlia, che raggiunse la vecchiaia (infatti, in un papiro troviamo allusioni ad una pelle senile e a capelli bianchi), che era amante del bello, raffinata ed elegante nei modi e nell’aspetto ma, soprattutto, che amò molto e che l’amore riversato nei versi fu un canto limpido e toccante.
    Saffo fu stimata ed ammirata a Mitilene da molte sue concittadine, che erano solite riunirsi intorno a lei in un centro femminile del culto di Afrodite e delle Muse, una sorta di cenacolo intellettuale, una comunità tra il sacro e il profano definita "tiaso", costituita di sole fanciulle, aristocratiche e nubili, giovani donne che subivano il fascino della superiorità spirituale di Saffo, che da lei apprendevano la musica e la danza, e che l’abbandonavano solo quando poi prendevano marito e seguivano il loro destino, lasciando nell’animo della poetessa l’amarezza del distacco, che non tardava a riversare nei versi ricchi di pathos, intrisi di rimpianto per l’amicizia perduta.
    Nei suoi frammenti ricorrono parecchi nomi di queste fanciulle, Attide, Girinna, Arignota, Gongila, Dice, Anattoria, che Saffo ammirava, stimava e celebrava, esaltandone le lodi e la bellezza, festeggiandone con gioia le nozze e lamentandone la partenza per terre lontane, con versi armoniosi e di rara bellezza, testimonianza preziosa del suo canto e dei suoi sentimenti. Di Gòngila esaltò soprattutto la bellezza, che era tale da offuscare quella della stessa dea:


     
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  3. schmit
     
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    O mia Gongila, ti prego

    metti la tunica bianchissima

    e vieni a me davanti: intorno a te

    vola desiderio d’amore.

    Così adorna, fai tremare chi guarda;

    e io ne godo, perché la tua bellezza

    rimprovera Afrodite.



     
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  4. schmit
     
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    Per Arignota, bella come la luna tra gli astri, che aveva sposato un uomo potente ed ormai abitava lontano, e che malinconicamente supplicava la poetessa di raggiungerla, Saffo si struggeva di nostalgia perché avrebbe voluto rivedere il suo bel volto e le movenze aggraziate.
    Ad un’altra amica, esitante nel congedarsi, Saffo, pur afflitta dall’amarezza del distacco, ricordava le ore trascorse insieme in soave intimità e, frenando la commozione, e trattenendo il pianto, recava conforto:

    "Vorrei essere morta, sai,davvero"

    era così disfatta nel congedo

    e parlava parlava:"Oh, Saffo,

    è terribile quello che proviamo!

    Non son io che lo voglio se ti lascio",

    e io le rispondevo: addio,

    su, vai, e ricordati di me,

    perché lo sai come ti seguivamo:

    e se no-allora io lo voglio

    che ti ricordi, perché tu dimentichi-

    com’era bello ,ciò che provavo,

    quante corone di viole

    ti posavi sul capo,insieme a me,

    di rose, croco, salvia, di cerfoglio,

    e quante s’intrecciavano ghirlande

    per il tuo collo delicato

    fatte dei fiori della primavera…



     
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  5. schmit
     
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    Oppure si lasciava prendere da una furiosa gelosia come nella celebre ode tradotta da Catullo e imitata da Foscolo, quella in cui descrive le sofferenze al cospetto della coppia felice, dell’uomo beato come un dio di fronte alla fanciulla che parla e sorride con dolcezza, mentre, impotente spettatrice, si tortura al loro cospetto.
    Il colloquio dell’amica con l’uomo amato suscitava infatti in lei il sentimento violento e appassionato della gelosia, che la rapiva nella sua ardente visione e le impediva di udire qualsiasi altra cosa intorno a sé, espresso con tale potenza mai eguagliata da nessun altro poeta. Ecco, allora, l’ode considerata il capolavoro della poesia erotica, già famosa ai tempi di Saffo, che descrive proprio lo sconvolgimento dell’animo turbato dalla gelosia, esaltata già nel I secolo d. C da un poeta anonimo sul Sublime, rielaborata nella letteratura greca da Apollonio Rodio e da Teocrito e, in quella latina, da Lucrezio, Orazio e persino da Catullo, la cui versione è famosa quasi quanto l’originale:

    Mi appare simile agli Dei

    quel signore che siede innanzi a te

    e ti ascolta,tu parli da vicino

    con dolcezza,

    e ridi, col tuo fascino, e così

    il cuore nel mio petto ha sussultato,

    ti ho gettato uno sguardo e tutt’a un tratto

    non ho più voce,

    no, la mia lingua è come spezzata,

    all’improvviso un fuoco lieve è corso

    sotto la pelle, i miei occhi non vedono,

    le orecchie mi risuonano,

    scorre un sudore e un tremito mi prende

    tutta , e sono più pallida dell’erba,

    è come se mancasse tanto poco

    ad esser morta;

    pure debbo farmi molta forza.


     
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  6. schmit
     
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    Il mondo poetico di Saffo può apparire chiuso ed impenetrabile ma non è difficile comprendere la genesi dei versi sensibilissimi e delicati; il suo animo femminile non poteva certo cantare secondo i motivi usuali della lirica del suo tempo,le lotte politiche non l’attraevano, non sono donna di pertinaci rancori, ma l’anima ho mite, armi e apparecchi militari non le interessavano, chi una schiera di cavalli,chi di fanti,chi uno stuolo di navi dice essere la cosa più bella su la nera terra, io invece ciò che si ama, e tanto meno era portata per l’esaltazione del simposio o delle espressioni dei piaceri effimeri collegati, ad esempio, alle gioie del vino. Portata per l’introspezione Saffo, coltivò soprattutto la vena intimistica, ed è appunto con lei che nella poesia nasce l’interiorità, favorita proprio dalla condizione femminile nel mondo greco, condizione che per lei non era di chiusura giacché, nata in una famiglia aristocratica, aveva rapporti di società, viaggiava, scambiava versi con Alceo, era anche moglie e madre dalla vita normale, senza che ciò interferisse con la sua attività nel tiaso e col suo essere poetessa. In un’epoca e in un ambiente in cui la donna godeva di una certa autonomia e indipendenza, Saffo si ripiegava in se stessa, si creava un suo mondo poetico, in una cerchia diversa da quella dell’uomo, quasi in isolamento, cercando calore per la sua anima soprattutto nel bello della natura: i fiori, gli usignoli, i paesaggi notturni e le scene di primavera la deliziavano con uno stupore quasi infantile, facendole apprezzare della bellezza soprattutto la leggiadria e la grazia, virtù squisitamente femminili.
    Da un epigramma sepolcrale che scrisse per lei Tullio Laurèa, un amico di Cicerone, si apprende che gli antichi conoscevano una raccolta dei carmi di Saffo divisa in ben nove libri: dell’enorme produzione lirica sono stati tramandati scarsi brani, quasi tutti incompiuti, tuttavia sufficienti a rilevare nelle sue composizioni una tecnica unica, un sentimento che sgorga dal profondo dell’anima assetata di amore e di bellezza, che investe ed anima personaggi e cose.
    Tecnica caratteristica è quella di trarre materia ed occasione del suo canto dalle scene di vita quotidiana per trasfigurarle in un mondo fantastico, in cui trionfano, in perfetta armonia ed equilibrio di colori ed immagini, la bellezza, l’amore e la luce.
    Saffo, come tutti gli antichi, viveva la natura in un ‘aura di sacralità, sole, luna, mare, fiori, erano considerati entità sacre che pure le suggerivano immagini intime di raccoglimento e contemplazione della bellezza.
    Ecco, allora, che in un giorno di primavera rievoca un tempio dell’isola di Creta visitato di persona o che solo le è stato descritto, ed al ricordo si sovrappone una visione smagliante di colore:

     
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  7. schmit
     
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    Qui da noi: un tempio venerando,

    un pomario di meli deliziosi,

    altari dove bruciano profumi

    d’incenso, un’acqua

    freddissima che suona in mezzo ai rami

    dei meli, e le ombre dei rosai

    in tutto il posto, e dalle foglie scosse

    trabocca sonno,

    poi un florido prato, coi cavalli,

    i fiori della primavera, aliti

    dolcissimi che spirano…

    dove Cipride coglie le corone

    e delicatamente mesce un nettare

    che si mescola nelle grandi feste,

    in coppe d’oro…


     
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  8. schmit
     
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    E nella solitudine di una notte senza luna e senza stelle si riflette la solitudine del suo animo:

    E’ tramontata la luna, e le Pleiadi;

    e la notte è a metà, ed il tempo trapassa,

    ed io riposo in solitudine.

     
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  9. schmit
     
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    il sentimento amoroso, l’amore s’impone invece come forza, in profonda analisi psicologica:

    Eros mi ha squassato la mente

    come il vento del monte

    si scaglia sulle querce.

    Nel canto di Saffo, come in tutta la letteratura greca, ritroviamo anche la caratteristica dell’erotismo, spesso censurata dall’interpretazione moderna, eppure l’eros, da Omero fino alla produzione ellenistica, fu elemento ben presente in molteplici aspetti, eliminato dalla letteratura ufficiale solo con l’avvento dell’ebraismo e soprattutto del Cristianesimo.
    Per meglio comprendere il rapporto che i Greci avevano con l’eros è necessario ricordare che differente fu il loro concetto di morale, la nostra cultura confina l’eros nel tabù, invece i Greci lo legavano alla religiosità tradizionale e lo vivevano come rito della fecondità e celebrazione misterica; inoltre non separavano rigidamente l’eros eterosessuale da quello omosessuale, frequenti sono infatti nell’Iliade le allusioni ai legami omoerotici, come quelli tra Achille e Patroclo, e la stessa figura di Elena è rappresentata come intrisa di irresistibile sensualità.
    Per quanto riguarda gli uomini sono i dialoghi di Platone ad attestare l’esistenza dell’erotismo maschile, ma anche in molte commedie di Aristofane, come la Lisistrata, si ritrova conferma della libertà dell’erotismo nella cultura greca, come pure è testimoniata la pratica dell’incesto nella riflessione della poesia tragica, dall’Edipo Re di Sofocle agli epigrammi e al romanzo dell’età ellenistica, che affrontavano l’eros in tutti i suoi aspetti.
    Fu, poi, con la diffusione della cultura giudaico- cristiana, e soprattutto con quella del cristianesimo, che le tematiche dell’erotismo vennero emarginate e addirittura eliminate fino a compromettere la stessa corretta comprensione del patrimonio culturale greco.
    E’ con Saffo che, per la prima volta nella storia della letteratura, abbiamo la rappresentazione dell’erotismo femminile (definito col tempo, con connotazione denigratoria, "saffico"), ma che è semplicemente espressione dell’eros vissuto legittimamente e in normalità nella cultura greca, ed è per questo che cantò con schiettezza l’amore, anche verso le sue amiche del tiaso, senza veli e ritrosie, proprio per la diversa moralità della cultura greca .
    Saffo esercitò una notevole influenza sui suoi contemporanei, soprattutto su Alceo, Teognide, Bacchilide e Teocrito, e Strabone così si espresse su di lei: Saffo, un essere meraviglioso! Chè in tutto il passato, di cui si ha memoria, non appare che sia esistita mai una donna, la quale potesse gareggiare con lei nella poesia, nemmeno da lontano; la sua fama eguagliò quella di Omero eppure, proprio quando era più ammirata, cominciò ad essere infangata.
    I suoi versi, in cui la rievocazione delle scene è sempre limpida e chiara, come sincero fu il sentimento ispiratore dei versi, l’amicizia che la legava alle sue compagne, furono spesso denigrati fin dall’antichità: basti pensare ad Orazio che definì Saffo dispregiativamente mascula.
    Il processo denigratorio nei suoi confronti risale, però, ai commediografi attici, che l’accusarono di cattivi costumi, di bruttezza fisica e che arrivarono persino ad attribuirle un suicidio per amore dalla rupe di Leucade (come riprende Leopardi) perché invaghitasi senza speranza del bellissimo Faone; più onesti e sinceri gli entusiasmi di Platone, che chiamarono Saffo bella e saggia, di Teofrasto che ne rilevò la grazia, e di Plutarco che ne attestò l’ardore del cuore.
    Grazia, soavità e passione: sono queste le caratteristiche della poesia di Saffo. Il suo amore fu squisitamente femminile, investì tutto ciò che la circondava, in delicatezza e levità, tanto che ancora oggi può essere considerata la più grande poetessa di tutti i tempi perché nessuna donna ha saputo cantare l’amore come lei, in purezza e sincerità.

     
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  10. schmit
     
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    Saffo come io la vedo.
    Ok!Saffo
    personificazione dell'amore
    cosi' ti vedo
    ed io ti canto.
    La tua anima mi rallegra
    e nelle notti stellate
    ti vedo voleggiare
    e baciare tutte le creature
    sensibili di questa terra affollata.

    Edited by schmit - 19/8/2005, 10:46
     
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  11. trombotta
     
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    "...In mezzo a uomini rudi e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza vivace e dal suo ardore, frequentò le cime del Parnaso, cioè dello studio perfetto. Il suo coraggio e la sua audacia la resero compagna gradita alle Muse, cioè alle arti e alle scienze. E penetrò nella foresta piena di allori e di piante di maggio, di verzura e di fiori multicolori dai soavi profumi, e di diverse erbe, là dove dimorano tranquille Grammatica, Logica, la nobile Retorica, Geometria, Aritmetica. Avanzò talmente su questo cammino che entrò nella caverna profonda di Apollo, dio del sapere, e scoprì le acque della fontana Castalia; imparò a suonare l'arpa pizzicando le corde con il plettro e danzava con le ninfe, cioè secondo le leggi dell'armonia e dell'accordo musicale..."

    (Boccaccio)

    Posso farti un complimento Letizia?
    Io ti raffiguro molto in questa poetessa...non chiedermi perche'...l'avrai capito...ho colto dalle tue poesie.
    Reincarnazione? chissa'...
     
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  12. Schou
     
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    Saffo...la piu' grande poetessa di tutti i tempi! smile.gif
     
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  13. frichicchio
     
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    Concordo.
     
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  14. schmit
     
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    La letteratura femminile e quella maschile ha molte differenze di stile derivanti dalla diversita' dello specifico femminile.
    Le donne, insieme, ognuna con la propria voce, non prendono a prestito le parole dall’ordine simbolico maschilista, che è carico di pregiudizi sul tema dell’amore tra donne, ma inventano nuovi sensi e nuovi simboli. Questo percorso ha il sapore della rivoluzione, se pensiamo che le donne in generale, hanno avuto a che fare con invisibili e inesprimibili profondità».
    Sono ventitré le autrici selezionate da Vaccarello (oltre ai racconti veri e propri, ci sono anche due storie a fumetti) e undici gli scrittori scelti da Scalise (più un Marsilio Ficino d’annata, il quale si arrampica sugli specchi per giustificare, con argomentazioni filosofiche, un «amor platonico» che invece probabilmente aveva qualcosa di molto carnale). Chiediamo ai curatori se, procedendo in questo loro lavoro di scouting, le scelte si facciano più facili o più difficili. «Quando, dopo il primo volume, ho accettato, lo scorso anno e quest’anno, di continuare il progetto delle antologie - ci dice Scalise - temevo che man mano che fossi andato avanti mi sarebbe risultato sempre più difficile trovare testi validi. Invece è accaduto esattamente il contrario. Il primo volume ha come stimolato la creatività degli autori, dando la stura a una valanga di materiale che continua ancora ad arrivarmi. Materiale spesso ottimo: ho già nel cassetto quattro racconti pronti per la prossima antologia». È d’accordo Vaccarello, alla seconda puntata del suo lavoro: «La qualità dei testi arrivati è stata superiore, come se la prima raccolta avesse incoraggiato, dato credibilità e valore ad un’operazione che prima per molte donne restava solo un sogno. Non dimentichiamoci che il lesbismo è stato coperto da una coltre di invisibilità. Credo che ci sia la sensazione di far parte di un insieme di voci il cui valore supera quello di ciascuna presa singolarmente».
    Ma non bisogna pensare che manchino le novità. «Nella prima raccolta - spiega Vaccarello - l’obiettivo principale era legittimare il diritto al canto sul tema dell’amore tra donne e incoraggiarne la diffusione, dare il senso di una collettività di autrici che, attraverso l’espressione del proprio immaginario, togliesse al tema il suo carattere di «clandestinità». Nella seconda, questa finalità in parte raggiunta si è vista rafforzata dal riscontro ottenuto da primo volume: molte donne hanno scritto dichiarandosi arricchite dall’esperienza di condivisione che hanno fatto leggendo quel libro. Allora con i nuovi racconti abbiamo cercato di andare al cuore della questione: mostrare sul tema l’espressività libera e forte di se stessa. Fare letteratura in tante, con voci diverse, sul tema dell’amore tra donne, significa per ciascuna liberare il proprio assoluto nelle tante direzioni che consente l’arte, significa sgravarsi dall’infagottamento di segreti che su questo tema fino ad ora ha reso silenziose troppe voci». La novità del terzo Men on men, invece, risiede nell’uscita da una sorta di «ghetto ideologico» in cui si considerano adatti a parlare di omosessualità soltanto quelli che Scalise chiama, scherzando, i «gay patentati»: «Poiché nel secondo volume erano presenti i testi di almeno due scrittori non dichiaratamente gay - ci spiega - qualcuno degli altri aveva protestato affermando che tale presenza rischiava di “inquinare” la limpidità dell’operazione. A me questa è parsa una colossale sciocchezza, perché, anzi, a me sembra proprio che sia vero il contrario. Ovvero che dei gay parlino anche gli scrittori eterosessuali, come, del resto, uno scrittore come Moravia è riuscito ad entrare benissimo in personaggi femminili o un’autrice come la Morante nella psicologia maschile. Per questo, anche nel terzo volume, ho inserito i testi almeno di un autore eterosessuale, Giuseppe Casa».
    La qualità letteraria dei testi, come accade in ogni operazione antologica, è varia, ma di certo sono tutti dotati di notevole interesse, nel definire come cambia la società italiana e come cambia il vissuto degli individui sull’onda dei mutamenti sociali. I nomi sono quelli di scrittrici e scrittori affermati (da Barbara Alberti a Lidia Ravera, da Evelina Santangelo a Valeria Viganò, da Angelo Pezzana ad Andrea Mancinelli), accanto a firme di esordienti. «Per informare e produrre cultura», ci dice Delia Vaccarello. E Daniele Scalise è pronto a sottoscrivere. In questo i mondi non sono separati, l’affermazione delle diverse identità è una comune battaglia civile.

    Edited by schmit - 7/9/2005, 12:00
     
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  15. schmit
     
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38 replies since 18/8/2005, 10:43   1011 views
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