Cornici dell'esistere

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  1. kkk-3
     
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    si', anche per me,ma ora le tue venute sono piu' distanziate nel tempo...come del resto le mie...ah! se potessimo gia' essere in pensione...ma pensionati bene...
     
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  2. rsorrt
     
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    Ecco ancora Margherita
    affacciata alle finestre del giorno
    dalla sua casa dove i colori sono
    quasifiori nel vento assopiti
    sogni agitati da lucciole nel buio..
    cose lontane, o forse a un passo da qui..
    come quel qualcosa che si avvicina a te
    quando l'alba si accosta ai monti.

    E così noi
    come i fiori
    e le lucciole
    e il resto...
    tutti quanti
    anime scordate da qualcosa nascosto nel gelo del cosmo
    forse anche lui
    in cerca di una traccia
    per capire dove sia casa sua.

    E allora Margherita appare e scompare
    senza un perchè
    e se anche ci fosse un motivo non lo direbbe
    come la notte che non afferra mai il giorno
    e non sa il perchè
    eppure continua a far vivere il mondo.

    Ecco Margherita
    affacciata alle finestre
    con le mani sul mento
    i gomiti sul davanzale
    lo sguardo perduto oltre le cose...

    così lei guarda lontano
    tocca, del vento, ogni carezza
    e da ogni carezza viene toccata
    eppoi dai ricordi...

    Così è Margherita
    una presenza alla finestra, un tremito a pelle
    per ciò che ti sfiora
    solo per un attimo
    e nel momento in cui vorresti sapere cos'era...
    già non c'è più.
     
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  3. schmit
     
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    che bel pezzo rsorrt...pieno di sentimento e di mistero...
     
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  4. rsorrt
     
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    Volevo riprendere una stupenda poesia tanto cara a Margherita...

    a volte la vedo pensosa alle sue finestre con la testa inclinata che guarda

    nelle lontananze di se...

    e allora immagino che quella poesia

    sia il motivo per cui si sia affacciata a pensare

    come fosse un sottofondo di ciò che a volte la spinge lì, e a volte la porta a fuggire via da ogni cosa.



    Chissà come

    e non so come

    quelle parole facciano da eco

    ai ricordi

    ai sogni

    alla stanchezza e alle delusioni

    di tutta una vita..


    "Ho pena delle stelle
    che brillano da tanto tempo,
    da tanto tempo...
    Ho pena delle stelle.

    Non ci sarà una stanchezza
    delle cose,
    di tutte le cose,
    come delle gambe o di un braccio?

    Una stanchezza di esistere,
    di essere,
    solo di essere,
    l’essere triste lume o un sorriso...

    Non ci sarà dunque,
    per le cose che sono,
    non la morte, bensì
    un’altra specie di fine,
    o una grande ragione:
    qualcosa così, come un perdono?"

    [F.Pessoa]

    Edited by rsorrt - 14/7/2007, 16:05
     
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  5. schmit
     
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    nella dimensione in cui siamo potremmo in effetti stancarci ma forse...in altre dimensioni chissa'
     
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  6. rsorrt
     
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    spesso le cose più profonde sono
    nelle cose apparentemente più semplici....
    come una canzone...




    C'è un solo vaso di gerani
    dove si ferma il treno,
    e un unico lampione
    che si spegne se lo guardi,
    e il più delle volte
    non c'è ad aspettarti nessuno,
    perché è sempre troppo presto
    o troppo tardi.
    -Non scendere- mi dici,-
    continua con me questo viaggio!-
    e così sono lieto di apprendere
    che hai fatto il cielo
    e milioni di stelle inutili
    come un messaggio,
    per dimostrarmi che esisti,
    che ci sei davvero:
    ma vedi, il problema non è
    che tu sia o non ci sia:
    il problema è la mia vita
    quando non sarà più la mia,
    confusa in un abbraccio
    senza fine,
    persa nella luce tua
    sublime,
    per ringraziarti
    non so di cosa e perché

    Lasciami
    questo sogno disperato
    di esser uomo,
    lasciami
    quest'orgoglio smisurato
    di esser solo un uomo:
    perdonami, Signore,
    ma io scendo qua,
    alla stazione di Zima.

    Alla stazione di Zima
    qualche volta c'è il sole:
    e allora usciamo tutti a guardarlo,
    e a tutti viene in mente
    che cantiamo la stessa canzone
    con altre parole,
    e che ci facciamo male
    perché non ci capiamo niente.

    E il tempo non s'innamora
    due volte
    di uno stesso uomo;
    abbiamo la consistenza lieve
    delle foglie:
    ma ci teniamo la notte, per mano,
    stretti fino all'abbandono,
    per non morire da soli
    quando il vento ci coglie:
    perché vedi, l'importante non è
    che tu ci sia o non ci sia:
    l'importante è la mia vita
    finché sarà la mia:
    con te, Signore
    è tutto così grande,
    così spaventosamente grande,
    che non è mio, non fa per me

    Guardami,
    io so amare soltanto
    come un uomo:
    guardami,
    a malapena ti sento,
    e tu sai dove sono...
    ti aspetto qui, Signore,
    quando ti va, alla stazione di Zima.

    [R. Vecchioni]
     
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  7. Schou
     
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    Ma si ha notizie di rssort?
     
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  8. rsorrt
     
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    ..eccomi qua Schou...
    e con qualcosa da raccontare..



    Spesso
    Margherita mi appare così distante
    come se avesse già capito tanto più di quello che la maggior parte di noi percepisce
    e allora non so cosa dirle, e finiamo per restare in silenzio, lei con troppe cose su cui tacere
    e io con niente da dire.

    Oggi però è diverso
    Margherita non trova poso, esce di casa per annaffiare i fiori,
    torna dentro per aprire le tende, poi esce ancora per portare un vecchio rastrello appoggiato al muro
    dentro il garage.

    Mi parla delle cose più futili
    con quella leggerezza piacevole che si ha quando il tempo che passa non è un
    problema.

    "Margherita hai mai litigato con qualcuno?"
    le chiedo mentre mi porto appresso il sacco con le foglie che lei ha raccolto
    per il giardino.

    "Certo che litigo...
    andare d'accordo con tutti lo fa solo chi non si ferma mai con nessuno..."
    entra in casa e con passo svelto cammina per il corridoio, e io dietro con il sacco delle foglie..
    poi va su per le scale e ancora via a zig zag per le stanze del piano.

    "Ma tu con chi ti fermi Margherita ? non sei mai due giorni nello stesso posto...
    quando ti cerco, non ti trovo mai.. quando ti trovo sei sempre sul punto di
    ripartire.." le chiedo ansimando mentre la seguo...

    D'improvviso entra nella sua camera e fermandosi alla finestra spalancata apre le braccia:
    "Passami le foglie su..." mi dice agitando il braccio come qualcuno che saluta.

    Prende il sacco poi si avvicina alla finestra
    e, come se stesse stendendo un lenzuolo
    apre il sacco facendo piovere tutte le foglie giù in giardino.."

    Margherita come una bambina alla finestra
    stupita, pensierosa, sorride incantata da quella pioggia di foglie che cadono volteggianti...

    Un attimo dopo, tutto è finito e le foglie sono sparse sull'erba, proprio come qualche minuto prima.

    "Margherita, perchè lo hai fatto ?
    le avevamo raccolte per pulire il giardino no ?
    e adesso le hai ributtate dalla finestra..."

    Margherita allora mi guarda con gli occhi e il sorriso che
    sempre mi lasciano perplesso perchè non so mai capire se sono ingenui o troppo oltre..
    poi, mi dice: "Chi adesso passa e vede quelle foglie
    penserà che sono cadute dagli alberi e che il loro destino sia ormai compiuto
    ma tu ed io sappiamo che non è così
    che il loro destino si è ripetuto perchè le ho appena fatte cadere
    ancora.
    E solo io so se, prima che tu arrivassi, non le avessi già fatte cadere tante volte.. chissa quante..
    Allo stesso modo tutto ciò che vediamo è solo un punto di vista sulle cose, è
    solo ciò che a noi è concesso di sapere... vediamo solo un momento dei tanti...."

    Così rimaniamo in silenzio alla finestra
    ad osservare il panorama intorno mentre il giorno sfuma nel buio, lentamente,
    con quei silenzi strani che solo per un momento s'incontrano con l'orizzonte.

    Allora la sensazione si fa forte
    la sensazione che siamo qualcosa che va oltre quella linea sottile lontana
    fatta d'aria
    di niente
    di chissacosa..

    E' la sensazione che la vita non finisce nei giorni
    e che tutto
    anche senza che nessuno e niente lo sappiano
    tutto è già stato
    e sempre ritorna.
     
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  9. schmit
     
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    :wub:
     
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  10. schmit
     
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    rsorrt dovremmo riprendere questo 3d...era un posto dove la mente si rilassava...
     
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  11. Spica
     
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    CITAZIONE (rsorrt @ 24/12/2007, 17:44)
    [.................................................................................................]
    e che tutto
    anche senza che nessuno e niente lo sappiano
    tutto è già stato
    e sempre ritorna.

    ..ed è un cerchio che a ogni ritorno si espande come un anello d'acqua..


     
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  12. rsorrt
     
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    Margherita ha tante cose nei suoi cassetti, molti ricordi chiusi li che spesso escono fuori.

    Questo è uno di quelli, una lettera mai spedita ad un amore perduto.



    "...Ecco, ne è passato del tempo... 20 anni fa avevo 20 anni, e, anche allora scrivevo di te, di com'eri tu e di come ti sognavo.

    Il tempo cambia tante cose, alcune le cancella, altre le sbiadisce, però tu, non sei cambiata dentro di me. Sei esattamente com'eri.

    Mi ricordo il giallo di uno dei tuoi maglioni, un giallo sole, e, adesso che non ricordo più bene il tuo viso sento il colore di quel maglione, un colore intenso, è il colore di te.
    Così sei tu per me: vicina ma irraggiungibile.

    Il primo giorno al Liceo: una folla di ragazzi in piedi nell'aula, tutti li per la prima volta a guardarsi intorno in quel luogo che avrebbero poi frequentato ogni giorno, per tanto tempo. Io, uno dei tanti, mescolato al gruppo mi guardavo intorno. Poi , all'improvviso, come qualcosa di straordinario che accade in pieno giorno, senza alcun preavviso, senza un segnale, ti ho incontrata. Prima ancora di vederti bene, già sapevo quello che eri per me.

    La ragione spesso si sbaglia ma il cuore no, sa sempre tutto.
    Così il cuore sapeva già che avrei passato i giorni, da allora in poi, pensando solo a te.
    Non è strano l'amore ? non è semplice l'amore ?

    Allo stesso modo, come sapevo che avrei voluto passare il mio tempo con te
    così sapevo che tu non avresti voluto lo stesso. Non so il perchè, ma è sempre stato un punto fermo per me, anche quello semplice, inevitabile.

    Così vennero i giorni, uno dietro l'altro e tu eri una presenza costante che mi rendeva sempre felice. Ero felice di alzarmi al mattino, di venire a scuola, di entrare nell'aula dove c'eri anche tu. Pensavo, ogni giorno, che quel giorno ti avrei parlato, che mi avresti sorriso e tutto sarebbe cominciato da li, senza troppe cose da fare ne da dire.
    Ho sempre percepito dentro di me che è così che le cose più profonde nascono ed esistono, dal cuore, nel cuore.
    Così capitava per caso, durante le ore di scuola, che guardandoti intorno incrociavi il mio sguardo. Quel giorno allora, per me, era un giorno più felice del solito.
    La sera, prima di dormire ti salutavo, pregavo per te, perchè tu stessi bene e che tutte le persone che tu volevi felici lo fossero davvero, perchè così anche tu saresti stata felice.
    Nei sogni immaginavo di parlarti, poi passeggiavo con te per le vie di città e in strade ai lati di zone verdi. Nei miei sogni passavo tutto il mio tempo solamente con te. Immaginavo sempre come sarebbe stato salutarti sulla porta di casa tua, muovendo la mano, aspettando che tu chiudessi la porta, che fossi al sicuro.

    I sentimenti che ho incontrato dopo questo, tutti gli altri che hanno fatto parte della mia vita, non sono mai stati così profondamente forti.

    Pensare al passato è strano, a volte inganna. Tante cose nella mente cambiano, si mescolano con altre e così si crea una nostalgia che accomuna tutto, le cose più belle come quelle meno belle.
    E' come se un Dio benevolo dipingesse di un rosa soffuso tutto quanto, e in questo modo ci spingesse a pensare che il passato era qualcosa di, in fondo, bello. Un mondo perduto fatto del meglio di noi.
    Tu non hai seguito la stessa sorte, non sei sbiadita in quell'album di foto sfuocate che è il passato. E questo mi sorprende ogni volta, perchè nonostante siano anni che non ti vedo, anni che non ti incontro, io sento in me le stesse cose.

    La mia adolescenza è stata piena di cose sognate, taciute, altre scritte poi scordate, per lo più dette sulla carta a me stesso. In molte di queste cose c'eri tu.
    Sei tu che hai accompagnato tanti dei miei anni, anche se, nonostante tu fossi al centro di tutto, non ti ho quasi mai parlato.
    Non è strano ? Si può volere qualcosa così tanto ma aspettare giorno dopo giorno che accada qualcosa e così lasciare che passino gli anni senza far nulla ?

    Ricordo che all'inizio di un anno scolastico il primo giorno di lezione con la Prof.ssa di disegno, tutti noi eravamo intenti a scegliere il banchino. Io mi misi ad aspettare che tu scegliessi il tuo per mettermi dietro di te, il più possibile vicino. Ed infatti mi misi esattamente un posto dietro te.
    Una volta mi chiedesti di fare la punta ad una delle tue matite appena prima che iniziasse la lezione, e me lo chiedesti con quel tuo fare timido che per me era incantevole, delicato. Quell'aspetto particolare di te mi ha sempre incantato, non l'ho più ritrovato in nessuno allo stesso modo.
    Quel giorno ti sfiorai la mano mentre mi passavi la matita, poi con il temperino affilai la punta lentamente, più lentamente che potevo, mentre mi batteva il cuore come se avessi appena corso e all'improvviso mi fossi fermato.
    Quello fu uno dei giorni più belli che ricordo, non solo di quel periodo, ma della mia vita.
    Capitò poi, che la lezione successiva la Prof.ssa mi spostò di banco, non perchè facessi baccano ma perchè ormai ero nella lista nera e non potevo certo stare nelle retrovie.
    Quello fu un giorno triste e, come sempre accadeva per me, andava ad equilibrare un giorno felice.
    E' sempre stato così: una cosa bella seguiva una cosa brutta, una sorta di prezzo da pagare.

    Una volta, all'uscita della scuola, capitò che in bicicletta ci trovammo a fare un pezzo di strada insieme e finì che ti accompagnai fino a casa. Quel tragitto breve dalla scuola a casa tua fu un percorso di assoluta felicità. Come guardare le nuvole steso su un prato di margherite a primavera.
    Queste sono le immagini e i colori che ho sempre sentito pensando a te: sole, margherite, cielo profondo, la primavera...

    Poi ci fu la gita in Francia, ti ricordi ? vicino al monte bianco.
    Ci credi che ci venni solo perchè c'eri anche tu ?
    Pensavo che potesse succedere qualcosa e che nessuno ti avrebbe aiutato. Era sciocco ma io sentivo così e allora pensai che avrei dovuto essere li, nei paraggi, mai troppo lontano.
    Non è una cosa romantica ? Non solo l'amore taciuto, ma il fatto di un ragazzo che si preoccupa di una ragazza e la segue non importa dove, ed è li solo per lei, ma lei non sa niente, e lui non può dirle niente, può solo volerle bene.
    Qualcuno ha scritto che l'amore perfetto può essere solo quello taciuto perchè dura per sempre senza cambiare mai.
    Io non volevo un amore perfetto, avevo solo paura di perdere ogni speranza dicendoti cosa sentivo. E allora non era meglio vivere giorno per giorno aspettando qualcosa ? un'occasione, un segnale, un improbabile gesto da te ?
    Questo era quello che mi passava per la testa in quei giorni.

    In Francia capitai ospitato proprio in casa di quel ragazzo.. ti ricordi ? Io me lo ricordo bene, eri abbracciata a lui, passeggiavate mano nella mano.
    Una sera in casa lui accennò di te con gli altri, diceva "c'est un poussin, elle ne sait rien", un pulcino, una ragazzina ingenua che non sa niente. Non volevo parlasse di te, che qualcuno potesse giocare con te, ma non feci parola, non dissi nulla. In realtà il pulcino non eri tu ma ero io. Non sapevo niente dell'amore e neppure di te.
    La parentesi Francese fu dolorosa ma, una volta in Italia quella cosa sbiadì e tutto tornò come prima.

    Non restai a lungo tuo compagno di classe, fui bocciato, dopo un tris di materie a settembre. Impresa impossibile anche per un sognatore testardo come me. Era un periodo, quello del Liceo in cui non ero molto incline allo studio, avevo altro da fare, e quando mi accorsi che l'anno scolastico era compromesso era tardi, non ce la feci più a riprendere. Passai l'estate come un pazzo sui libri, ma mi trovai agli esami con 3 materie e la prof.ssa di disegno, che mi detestava, e non so perchè, con quel rancore sottile non malvagio ma persistente e distruttivo che gli insegnanti sono capaci di avere con i loro allievi, mi disse che mi avrebbe fatto fuori qualsiasi cosa succedesse. E così fece.
    Non fu colpa assoluta dei professori se quell'anno lo rifeci, ma in qualche modo ebbero il loro ruolo.
    La riprova è che quando poi mi iscrissi all'università non ebbi alcun problema nello studio, nessun ostacolo particolare, tutto filò liscio.
    Comunque nell'insieme: sia per i prof. ostili che per (soprattutto) la mia poca voglia di studiare il risultato fu che non potei più averti nella stessa classe.
    Accadde così che potevo vederti in poche occasioni: all'ingresso di scuola, nell'intervallo, all'uscita. Non più come prima.

    Il Sabato in citta passeggiavo sperando di incontrarti.
    Qualche volta accadeva, ma era solo per un attimo, un saluto, a volte nemmeno quello. E allora imaginavo che il Sabato successivo avresti guardato verso di me in un modo diverso, e che avremmo parlato di qualcosa.
    Non accadde mai.

    Venne poi il giorno che il Liceo finì e i nostri incontri si fecero sempre più rari.
    I miei spingevano perchè facessi la carriera militare ma io odiavo quel mondo. Però ci andai, e lo feci per uno strano senso di sconfitta, per una specie di autopunizione e anche per fuggire da quello che non avevo saputo affrontare. Un perdente in fuga insomma, anche se, ma non potevo saperlo a quell'età, nessuno può fuggire da se stesso, in nessun modo.
    Il giorno stesso della mia partenza per l'accademia a Viterbo ti incontrai sul treno. Facemmo il breve viaggio per Pisa insieme, parlammo un pochino, eri seduta vicino a me, così vicino come mai era successo prima.
    Sentivo dentro di me, e l'ho sempre sentito che tu avevi un mondo in cui io non potevo entrare. Spesso le persone non sono fatte l'una per l'altra. Se tu lo eri per me io non lo ero per te. Questo è sempre stato il freno maggiore che mi ha tenuto distante da te. Così lasciai quel treno con il cuore stanco e una sacca in spalla e con l'idea che al di la di quei luoghi avrei trovato un modo per far tacere quell'amore, per chiuderlo in una stanza del cuore e non provare più male.

    Affrontai un periodo non facile, ma imparai tante cose. Imparai che al mondo non sono tutti amici tuoi, che molte persone vogliono farti del male, che altre sono indifferenti, alcune ti aiutano ma fino ad un certo punto altre lo fanno per un motivo. Ogni cosa tende ad un altra, è una legge della vita.

    Un giorno durante una lezione in aula, con un centinaio di allievi, il professore disse "Qualcuno ha dei dubbi su quello che sta facendo ? qualcuno vorrebbe andarsene e ritirarsi ?". Era evidente che quella era solo una frase di circostanza e si aspettava il silenzio più assoluto, ma, non fu così, qualcuno spezzò quell'aspettativa. Io mi alzai, nel silenzio totale, e dissi chiaramente "Io !!", e rimasi così, in piedi tra le facce serie degli altri, nel silenzio che mi indicava colpevole, nel gelo di quella situazione. Forse qualcuno avrebbe voluto fare lo stesso ma nessuno si mosse. Quel giorno cambiai il mio destino e così, dopo la lezione presi la mia roba, feci quello che si doveva fare in quei casi e in breve lasciai quel posto. Fu una decisione felice, quel mondo era l'opposto di me.

    La mia partenza però non significò tagliare del tutto i ponti, mi spedirono a fare l'anno obbligatorio di servizio militare in una caserma punitiva, e, in quel modo mi obbligarono a scontare la rinuncia che avevo fatto. Il conto tornava, non si ha mai niente per niente.
    Scopriì, in quell'anno l'importanza di ciò a cui prima non badavo, a cose che nel quotidiano pensavo scontate, agli affetti di sempre a cui, per abitudine, non badavo più.

    Fu un anno non facile ma non fu tempo sprecato. Le difficoltà aiutano a comprendere le cose, ad apprezzare le cose più semplici, a riconoscere quelle inutili.
    Il giorno che varcai la soglia di quel posto, quando il cancello si chiuse alle mie spalle, provai un felicità così grande che ringraziai quel mondo stolto per quello che mi aveva fatto scoprire.
    In quei 365 giorni di solitudine, noia, pressioni psicologiche, fatica, attesa, per 365 giorni, io ho pensato a te.

    Tornato a casa mi iscrissi all'Università e cominciai a fare la spola in treno. Il Sabato venivo in città per incontrarti ma, quando accadeva io non riuscivo a fermarti e dirti tutto quello che volevo. Ero cambiato in tante cose, ma quel lato di me che non riusciva ad avvicinarsi a te era sempre il solito.

    Ti vidi, un giorno, sulle mura, arrivare insieme a qualcuno per mano e vi appartaste per parlare. In lontananza ti vedevo sorridere, parevi felice.
    Come potevo entrare in quel mondo ?
    Sapevo che non provavi nulla per me e l'unico modo per avere una speranza era quello di non fare niente, solo aspettare. Se mi fossi mosso, in qualsiasi modo, avrei solo avuto la conferma che tu ed io non saremmo mai stati insieme.
    Quella conferma ci fu tempo dopo e fece cadere tutti i miei sogni, spazzandoli via come un vento impietoso. Distrusse la mia speranza ma non il sentimento, quello non è mai cambiato.

    Il giorno che mi crollò il mondo addosso, il mondo dei sogni intendo, fu anche un giorno bello. Come sempre accade, le cose passano da un estremo ad un altro nell'arco di poco tempo: luce e buio, sole e luna, il mondo vive nei contrari.

    Per caso ti incrociai sulle mura, tu correvi da sola ed io pure, nella tua stessa direzione. Ti raggiunsi, ti salutai e andammo insieme per tutto il giro.
    Per la prima volta Tu ed Io eravamo insieme, soli, in una situazione che durava più di qualche minuto. Era la prima volta che succedeva. Potevo guardati da vicino, avevo tutta la tua attenzione, sentivo il tuo respiro passo dopo passo, era magnifico, ero contento.
    Parlammo del più e del meno, dei professori della scuola, dei vecchi compagni, ridemmo di situazioni andate, percepii cosa potesse essere incontrare la felicità e poterla vivere non solo per un momento o per un giorno, ma per tutto il tempo che c'era. Un po' ne avevo paura perchè sapevo che ai momenti felici, sempre, avevo incontrato momenti tristi, ma speravo che quella regola quel giorno si fosse spezzata e che finalmente la parte più grigia dell'esistere si fosse scordata di me, mi lasciasse andare. Ero davvero convinto che potevo esaudire i sogni, iniziare qualcosa con te.

    Avrei dovuto dirtelo allora cos'eri per me, quel giorno mentre correvamo isnieme. Avrei dovuto liberare ciò che ho sempre tenuto dentro, prigioniero. Ma come potevo sapere che quella sarebbe stata la mia ultima occasione, non di averti ma di salutarti viso a viso ?
    Ma non lo feci, credetti nella favola di quel momenti: ti accompagnai fino alla porta di casa tua e ti salutai aspettando che il portone si chiudesse. Quella era l'immagine che avevo sempre sognato, e quello fu uno dei sogni di te che realizzai.
    Fu l'unico.

    Seguirono giorni di felicità assoluta per me, la speranza di avvicinarmi un poco a te era così forte, mai era stato così e allora decisi di chiamarti per chiederti se volevi tornare con me a correre sulle mura.

    Mentre lo scrivo trema qualcosa dentro di me, qualcosa che vive in quel luogo indistinto che chiamiamo anima. E' solo un nome, lo so, per qualcosa che ignoriamo, ma è esattamente la che siamo noi, in un punto che non c'è ma che ci fa esistere.

    Telefonai da una cabina, appena fuori dall'Universita, subito dopo una lezione. Avevo lo zaino in spalla e feci non so quanti respiri prima di fare il numero di casa tua.
    Driiinnnnn... Drinnnn.... il telefono che squilla...
    l'attesa della tua voce.
    Dei rumori intorno a me, il traffico e le persone, non sentivo più niente, era tutto spento tranne quello squillo, quell'attesa.
    Sentii la tua voce dall'altra parte insieme ad un rumore di sottofondo. C'erano altre persone che parlavano a voce alta nella stanza in cui ti trovavi.
    "Pronto chi parla?" dicesti
    "Sono Roberto..."
    "Roberto? Chi?"
    "Si Roberto...", poi dissi il mio cognome, mi tremava la voce però sorridevo.
    Non avevo affatto compreso il segnale, il fatto che tu neppure ti ricordavi di me, che il mio nome non ti diceva nulla, che ero quello che ero sempre stato, un estraneo. L'istinto non sbaglia mai e io, quell'istinto, lo avevo sempre avuto e sempre lo avevo negato.
    Ti chiesi se volevi tornare con me sulle mura, per correre e ci speravo così tanto. Era tutto per me.
    Mi dicesti che non potevi che dovevi accompagnare il tuo fratellino, che eri impegnata, avevi un leggero imbarazzo nella voce.
    "Allora sarà per un'altra volta... okay?" dissi, poi tu mi rispondesti di si e riattacasti e, il mondo intorno, riprese a far rumore.

    Mi sentii strano, non capivo bene, ero in uno stato indefinito, un misto di felicità per averti chiamato e di delusione per quello che mi avevi detto.
    Tornai a casa senza pensare a niente, posai le mie cose, mi chiusi in camera e mi stesi sul letto con la musica accesa, come sempre.
    La stessa stanza, la stessa musica, i poster al muro, la finestra col sottofondo degli alberi poco lontano.
    Poi qualcosa iniziò, come un marea, qualcosa di forte che comincia piano ma che poi non si ferma e travolge. Come il mare si prese tutto, pretese tutto.
    Piansi come non era mai successo, non riuscivo a fermare le lacrime, era qualcosa di profondo che usciva allo scoperto, trattenuto da anni. Era la ragione che riconosceva l'istinto e ammetteva tutto.
    Sentivo un dolore dentro che non si fermava non si stancava, cresceva sempre, e mi fece paura. Piansi ogni lacrima. Poi mi addormentai.

    Quello fu il giorno che capii di averti perso e che i nostri mondi sarebbero sempre stati separati. Che non ci sarebbe stato un modo diverso delle cose.
    Quello fu il prezzo da pagare per gli anni di sogni e di speranze, per le parole non dette, per la testardaggine di un amore, per aver sempre detto "non è vero" quando l'istinto diceva "è così". Quel prezzo però non lo rimpiango.
    Ho avuto questo amore, e anche se è stato solo mio, l'ho avuto.
    E' stato bello camminare per un po vicino a te, e fare tutte quelle piccole cose. E' stato bello sperare che un giorno lo avrei fatto sempre. I sogni che ho avuto sono sempre stati belli.

    Spesso penso a te, è accaduto proprio ieri.
    Spesso invece non accade e mi dimentico di te per tanti giorni, poi, improvvisamente tutto ritorna e mi accorgo che è ancora li, esattamente dov'era, proprio come prima.
    Mi sveglio a volte e so che ho sognato qualcosa di te, ma nei sogni, come nella vita, tu mi parli distrattamente, sei sempre sfuggente. Questo il mio cuore lo sa da sempre, ma da quel giorno in cui ti persi lo sa anche la ragione e, per questo, anche nei sogni, ormai, non c'è più modo di evitarlo.

    Non sei mai stata chiusa in nessuna stanza del mio cuore ma sei sempre
    stata dappertutto, in tutte le sue stanze, in ogni spazio, come qualcosa che fa parte di me, anche se non c'è.

    Il primo giorno che ti ho vista io ti ho riconosciuta, tu no.
    La vita a volte funziona così. Ma tu resti, dentro di me, ciò che rappresenta la felicità, quello che il ragazzo desiderava e quello che l'uomo rimpiange. Sarà, poi, quello a cui il vecchio ripensa come parte dei bei tempi andati, e ci ripensa sempre.

    Quel ragazzo che ero, ha avuto nel cuore un sentimento così bello che meritava trovasse una voce, che potesse dirlo, dirlo a te, per questo ti ho scritto, per quel ragazzo che ero, perchè avrebbe tanto voluto scriverla lui questa lettera e portartela in una busta con dentro un foglio ben scritto, colorato, e dartela di persona a scuola in un giorno come tanti.

    Leggerai questa lettera e, per poco, tornerai anche tu quella ragazza che eri, quel mondo tornerà tra le righe del foglio, e allora sarà come se, quel ragazzo ti avesse parlato e finalmente trovato la sua ragione per perderti, una ragione che non proviene da qualcosa di non detto ma da qualcosa di chiaro, che passa dai ricordi e li fa rivivere e, adesso, solo adesso si risolve.

    Così avremo, io e quel ragazzo, riposo per la stanchezza dei pensieri
    non qualcosa come la stanchezza del corpo
    ma una cosa simile ad un sollievo del cuore
    qualcosa come un perdono.

    Sei sempre stata la parte più intensa di me, e resterai così, la cosa più bella che ho...."

    Edited by rsorrt - 28/2/2008, 16:38
     
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  13. kkk-3
     
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    Bellissimo rsorrt il tuo post...sei sempre stato un sognatore..il sogno è cio' che ci rende vivi,strano a dirsi ma è cosi'.
     
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  14. rsorrt
     
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    CITAZIONE (kkk-3 @ 28/2/2008, 15:50)
    Bellissimo rsorrt il tuo post...sei sempre stato un sognatore..il sogno è cio' che ci rende vivi,strano a dirsi ma è cosi'.

    ciao K...

    In un libro mi colpì molto una parte, parla del passato, di ciò che abbiamo perduto, sia esso parte del vero o solo dei sogni. E' una parte che rileggo spesso...

    "..Cosa perdemmo.
    Il poema dell'amore interiore...
    le date di cessazione di certi principi.
    Le regole della cortesia -
    come entrare in un tempio o in una foresta...
    L'arte dei tamburi.
    L'arte di dipingere gli occhi.
    Come costruire una freccia.
    I gesti fra amanti.
    L'impronta dei denti di lei sulla pelle di lui disegnata a memoria da un monaco.
    I limiti del tradimento...
    Le nove mosse delle dita e degli occhi per comunicare emozioni...
    Le piccole barche della solitudine... "

    [Michael Ondaatje - Manoscritto]

    :wub:
     
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  15. kkk-3
     
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    ne aggiungerei un'altra:capire le ragioni degli altri.
     
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342 replies since 20/2/2005, 18:14   4709 views
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